Il Mezcal merita maggiore attenzione e cura da parte di chi lo sorseggia e da parte di chi lo serve. Spesso infatti questo distillato viene bevuto distrattamente, magari per darsi un tono esotico o per impressionare la ragazza di turno con la solita vecchia storia del verme nella bottiglia (falsa!), ma ci arriveremo.
Nel corso degli anni il nostro approccio ai distillati, almeno a partire dagli anni ottanta, è stato frenetico, da tutto e subito, un consumo sbilanciato verso la quantità a discapito della qualità. Pensate a tutti quei cocktail preparati male con ingredienti ancora peggiori o a quegli shot con sale e limone in discoteca, che tanto dopo un certa ora chi li distingue più i sapori. Solo negli ultimi tempi le cose stanno iniziando a cambiare, e anche per quanto riguarda i superalcolici (per il gin per esempio ne parlammo qui) così come per la birra e il vino si sta puntando sempre più con decisione verso un consumo consapevole, bere meno ma sapere cosa si sta bevendo e riconoscere la qualità del prodotto per essere in grado di assaporarlo meglio.
Ecco allora che il Mezcal, puro, pulito, intonso, può essere considerato il massimo fra le esperienze di gusto dedicate a chi nel momento dell'assaggio desidera consacrare un istante a sé stesso, consumare un rito, così come secoli fa gli Aztechi consumavano i loro con quella che era una bevanda sacra.
Un po' di storia prima
Il fascino e il mistero del Mezcal sta anche nella sua origine, l'origine etimologica della parola stessa. Mexcalli in lingua Nahuatl vuol dire "agave cotta", da metl e ixcalli che per estensione indica tutti i distillati di Agave. Il nome deriva dalla leggenda Azteca secondo cui un fulmine colpendo una pianta di Agave ne aveva cotto il cuore, dando origine al Mezcal, considerata quindi una bevanda sacra. Una versione diversa della leggenda, attesta invece che l'origine divina del distillato sarebbe da attribuire alla dea Maytal, capace di nutrire con i suoi quarantamila seni sgorganti di Mezcal tutto il popolo azteco. In entrambi i casi il concetto di sacro legato al Mezcal, quale nettare degli dei da assaporare con cura, consapevolezza e soltanto nelle occasioni più importanti dovrebbe essere anche la guida per noi che lo consumiamo oggi.
Fin dalla sua origine magica, sono stati gli Aztechi i primi a produrre Mezcal, anche se in una versione diversa rispetto a quella che consumiamo oggi, più simile a un vino, ottenuta dalla fermentazione dei cuori di Agave cotti, il Pulque. Questa bevanda era al centro dei rituali aztechi per scacciare la tristezza e il male, ma divenne in fretta molto popolare anche presso i conquistadores, che insieme a spade e cannoni, si erano portati in Messico anche parecchi alambicchi. Gli spagnoli presero quindi a distillare il Pulque ottenendo quello che oggi conosciamo anche noi come Mezcal.
La fase di produzione del Mezcal è chiara e definita: le piante di Agave si raccolgono quando raggiungono i 6-8 anni di vita, si eliminano le foglie e si cuoce il cuore della pianta in forni interrati. Dopodichè, il cuore viene triturato e lasciato a macerare fino a 30 giorni. Segue quindi la distillazione, al termine della quale, il Mezcal viene conservato in botti di legno da un minimo di 2 mesi fino a 7 anni e, a seconda del tempo di invecchiamento, guadagna un colore sempre più scuro e la denominazione di Blanco, Anejo o Reposado. C'è da notare come a differenza di altri distillati, l'invecchiamento vero del Mezcal non avviene in botte ma direttamente sulla pianta durante gli anni di crescita che per alcuni Agave di montagna può essere anche di 25 anni.
Mezcal e Tequila, gemelli diversi
La confusione è tanta a partire dall'articolo determinativo: IL Tequila o LA Tequila?
Se volete fare i fenomeni, potete dire il Tequila, ma sappiate almeno che così state parlando spagnolo; nella lingua di Cervantes e delle Las Ketchups infatti Tequila è un sostantivo maschile. E come avrete forse intuito, la Tequila è il risultato della trasposizione italiana al femminile del medesimo sostantivo. Quindi vanno bene entrambi i generi.
Quando si parla di Tequila in linea teorica non è del tutto sbagliato affermare che si tratta di una tipologia di Mezcal, dato che per definizione il Mezcal è un distillato di Agave, senza altre indicazioni specifiche. Eppure la differenza essenziale fra i due distillati sta proprio nell'utilizzo dell'Agave: per produrre Tequila si utilizza Agave Blu della regione di Jalisco, mentre Il Mezcal viene realizzato con l'utilizzo di una cinquantina di ecotipi diversi di Agave della regione di Oaxaca, oltre ad avere una ulteriore specificità nell'utilizzo del cuore della pianta. Inoltre il Mezcal deve essere prodotto con il 100% di Agave, mentre per la Tequila è sufficiente il 51% e il resto sono zuccheri o altri ingredienti. A livello di gusto il Mezcal si caratterizza per una leggera affumicatura data la cottura dei cuori di Agave nei forni sotterranei, elemento ulteriore di fascino qualora ce ne fosse bisogno.
Questo, semplificando molto, è ciò che differenzia Mezcal e Tequila, argomento che in Messico è particolarmente sentito (e sospettiamo che sia anche molto pericoloso discuterne) quasi quando il tema della territorialità dei Pizzoccheri.
Esistono vermi che non esistono
Quella del verme nel Mezcal è una storia strana, l'ennesima, ma troppo moderna e prosaica per non essere considerata quanto meno sacrilega. Il verme, tanto per cominciare è una larva, e può trattarsi o di un lepidottero o di una farfalla commestibile che infesta le piante di Agave detta gusano rojo.
Alcuni parlano di una trovata pubblicitaria ideata nel 1950 per promuovere il Gusano de Oro, un tipo di Mezcal che prendeva appunto il nome dalla larva di farfalla. Ma pare che il Gusano de Oro non fosse il primo Mezcal con la larva nella bottiglia, una trovata che era già in voga da almeno una decina di anni. C'è chi si spinge addrittura a far risalire l'usanza ai primi del novecento, quando si era iniziato a inserire frutta, piante, carne di pollo e anche larve nelle bottiglie di Mezcal a scopo cerimoniale durante i riti religiosi.
Altri parlano delle larve nel Mezcal come di un modo per spedire gli esemplari di insetti infestanti ai laboratori governativi che si occupavano di analizzarli. Questa pratica attiva dagli anni 50 pare trovare riscontro nel fatto che alcuni Mezcal ancora oggi abbiano nella bottiglia scorpioni o cimici.
Infine, se siete dei romanticoni, sappiate che secondo altre versioni della storia pare che la larva nel Mezcal sia afrodisiaca.
Al di là del folcklore rimane il fatto che il Mezcal sia un distillato molto importante, oltre che di una qualità eccelsa, forte di una storia e di una tradizione che richiedono rispetto; concedersi un Mezcal, soprattutto in purezza, deve essere una esperienza del tutto personale, un incontro con il divino, un viaggio dalla terra al cielo che anche i più miscredenti fra noi possono affrontare.
Quindi consacrate un momento al Mezcal e non fatevi gli shot al bancone come bicchiere della staffa... anzi, da oggi in poi se ci vedete perseverare in questa pratica, ammoniteci e ricordateci che non si fa, perché al Mezcal dobbiamo volere bene.
Para todo mal, mezcal. Y para todo bien, tambié. Y si no hay remedio, litro y medio..