Sul vino naturale

In una regione al confine fra Armenia e Azerbaigian pochi anni fa è stata localizzata quella che con tutta probabilità è la più antica installazione vinicola del mondo, completa di torchio e dei resti delle anfore utilizzate per la conservazione del vino. Il sito è datato circa 4100 anni fa e testimonia l’inizio di una storia che ancora oggi è in continua e naturale evoluzione e che, allo stesso tempo, conserva sempre un legame a doppio filo con quella che è una tradizione quasi sacra. Negli ultimi anni, soprattutto, si è avuto un ritorno all’antico sempre maggiore, quasi che in questi tempi dominati dalla frenesia si avverta la necessità anche per quanto riguarda il mondo della viticoltura di rivolgersi al passato, al ‘lento’ o ‘slow’ in contrapposizione alla velocità dei nostri giorni. Proprio per questo oggi si parla sempre più di vino naturale, ma quasi sempre lo si fa in maniera generica e calcando troppo la mano sull’aggettivo, come se la definizione stessa naturale fosse garanzia automatica di vino buono.

Intendiamoci, il produttore che coltiva e vinifica nella maniera più sana e ‘antica’ possibile senza per questo sacrificare all’ altare del pulito e giusto il sapore, è degno di stima e rispetto, e può definire a pieno titolo il proprio vino come naturale.
Quando però si afferma l’idea antipatica che per il solo fatto di essere ‘naturale’ un vino sia senza tema di smentita anche buono (e guai a sostenere il contrario) non si fa altro che svilire prima di tutto il lavoro di quei produttori di cui sopra, ma anche di tutti quelli che pur non sbandierando etichette di naturalità a tutti i costi, spiccano da anni con vini di alta qualità. È un po’ come nella favola in cui tutti fanno a gara a dire quanto è bello il vestito nuovo del re, perché solo le persone intelligenti riescono a vederlo e nessuno vuole passare per fesso. Ma il re è nudo.

Alessandro Morichetti in un articolo su Intravino parlando di vino naturale, scrive: “Spesso la scelta convinta e maturata è una opzione di comodo, in cui non troppo spesso si sceglie il “buono” ma il presunto “pulito e giusto”. E se fosse buono senza sbandierarsi naturale non lo calcolo. Un approccio diverso, magari più interessante e profondo su vari piani, non prescinde dagli esiti, e chi invece si bulla della propria appartenenza eletta crea orticaria e gran fastidio.”

Il rischio è che troppo spesso dietro l’etichetta del vino naturale si annidi anche chi con superficialità o presunte doti di superiorità morale voglia far passare come prodotto di alta qualità, buono pulito e giusto, ciò che sicuramente buono non è e forse, a ben guardare, nemmeno tanto pulito e giusto. Un’etichetta, anche la più pregiata del mondo, rimane solo un bell’ornamento se manca la sostanza.
E allora, al netto delle mode e delle aspirazioni parolaie per un ritorno alla tradizione che riporti fino alle anfore armene di 4000 anni fa, senza legittimare questa scelta con un vino che sia buono per davvero, e per separare i produttori di talento dai furbi che vogliono fare i viticoltori naturali con le anfore degli altri, rivendichiamo il diritto di scegliere e andare sempre nella direzione dettata dal gusto.

Noi siamo per i vini buoni prodotti da viticoltori bravi, quelli che il vino naturale lo fanno a differenza degli altri per i quali 'naturale' altro non è che la pezza per giustificare un vino che tutto sommato non è un granché, per non dire di peggio. Il re è nudo, e non perché sia un naturista...

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