Sarà colpa di una accresciuta sensibilità venuta in dono a chi come noi sta girando i quaranta, ma se ci guardiamo indietro non ci sembra vero avere già vissuto più o meno consapevoli, lucidi, ubriachi, assonnati, speranzosi, delusi o felici trentanove Natali, e trovarci qui a fine novembre a ricordare i nostri preferiti, a sorridere e a borbottare che come sempre si stava meglio quando si stava peggio.
Con una buona approssimazione, possiamo dire che metà dei Natali passati per noi hanno avuto come comune denominatore l’attesa della Brighella, la birra di Natale del Birrificio di Lambrate, soprattutto durante gli anni ruggenti di via Adelchi, negli inverni freddi di inizio millennio quando ancora le birre le pagavamo in Lire e al futuro magari non ci pensavamo e se lo facevamo chissà che ci immaginavamo; chi lo sa: dopo tre o quattro Brighelle chi si ricorda più cosa o chi.
Perché se non avete mai provato ad alzarvi da uno sgabellone del Birrificio di Lambrate a fine serata senza che tutto intorno a voi giri offuscato da una dolciastra nebbiolina alcolica, allora non potete dire di avere mai fatto una bevuta come si deve.
Insomma siamo stati visitati anche noi dal fantasma del Natale passato, anzi dal Birraio del Natale passato, che ci ha ricordato che è tempo anche per noi del Tabernario di iniziare a rispondere alla domanda che ci fate sempre in questo periodo dell’anno: ma quando arriva la Brighella?
Fermi tutti però, prima di rispondere facciamo un passo indietro perché per spiegare questa spasmodica attesa occorre prima capire che cosa siano e da dove vengano le birre di Natale e quala sia il segreto che le rende così speciali.
La tradizione di servire bevande alcoliche calde e speziate durante l’inverno era già diffusa nel Medioevo e, come è facile immaginare, in tempi in cui il climate change non era certamente il primo dei problemi del mondo e nella penisola scandinava l’inverno era freddo sul serio, gli antenati di Greta Thumberg già si tenevano su nelle lunghe notti invernali con quello che oggi chiameremmo vin brulè.
Possiamo quindi affermare che l’idea di consumare nel periodo più freddo dell’anno bevande particolarmente alcoliche e speziate si sia dapprima ampiamente diffusa nel nord Europa e che, successivamente, abbassandosi nell’ area belga abbia finito con l'influenzare anche il mondo della birra, nonostante sia giusto specificare che il successo delle birre di Natale, nel caso del Belgio, è legato a una predisposizione naturale dei birrai fiamminghi all’utilizzo delle spezie, a differenza dei loro colleghi tedeschi che invece da sempre perseguono il granitico dogma della purezza e che quindi, al netto di un clima certamente non meno clemente in inverno di quello belga, non si sono mai spinti a produrre una vera e propria birra di Natale, nonostante la tradizione germanica preveda la Bock, una birra particolarmente alcolica ma che non può definirsi una birra di Natale, dato che viene prodotta tutto l’anno e che soprattutto rappresenta uno stile birraio.
È questo infatti un altro aspetto che va sottolineato quando si parla di birre di Natale: la birra di Natale non è uno stile, ma si tratta bensì di una birra prodotta con l’aggiunta di ingredienti specifici che invitano al ricordo dei dolci natalizi e di spezie e zuccheri speciali che suggeriscono la stagione fredda e che proustianamente ci basta assaggiare per ricordarci di colpo di tutti i Natali passati.
Ai giorni nostri la tradizione brassicola si è ormai diffusa in tutto il mondo e anche se non si può dire che sia diventata una moda, oggi è molto difficile trovare un birrificio che non abbia fra le sue etichette una birra di Natale.
In questo mare di birre molto alcoliche e dal sapore intenso, punto di riferimento e faro della tradizione birraia belga, e non solo, è la Stille Nacht del birrificio De Dolle di Esen, un piccolissimo centro patria di uno dei più talentosi produttori di tutto il Belgio, Kris Herteleer.
Per poter stappare una bottiglia di Stille Nacht la sera di Natale bisogna premunirsi e ordinarla per tempo (si parla di mesi se non addirittura di un anno prima), mentre reperirne un fusto è diventata un’impresa quasi impossibile, tutti elementi che, insieme alle varie storie più o meno leggendarie che avvolgono questa birra di Natale, hanno reso la Stille Nacht un mito fino dagli inizi degli anni ottanta quando è stata prodotta per la prima volta.
La storia più conosciuta legata alla Stille Nacht inizia quando al birrificio De Dolle si ritrovano senza più lievito Rodenbach, fondamentale per la realizzazione della loro birra di Natale. L’ azienda produttrice infatti aveva chiuso i battenti constringendo Kris Herteleer e mettere in piedi una squadra di ricercatori universitari per ricreare il Rodenbach e continuare così a produrre la Stille Nacht. I primi tentativi non erano andati a buon fine, il nuovo lievito Rodenbach non restituiva gli stessi valori dell’originale e inoltre dava vita a una rifermentazione in bottiglia che non si interrompeva più, tanto che dopo l’imbottigliamento molte Stille Nacht avevano iniziato a esplodere. Così, per salvare il salvabile, Kris Herteleer decise di travasare tutta la birra dalle bottiglie in vecchie botti che avevano ospitato del Bordeaux e di tornare a imbottigliarle un anno dopo. Da quell’ apparente disastro e dalla successiva geniale pezza era nata la Stille Nacht Riserva, riconosciuta come uno dei capolavori del birrificio De Dolle.
Ci vorrà ancora qualche anno a Kris Herteleer per ottenere il risultato sperato e un piccolo aiuto ricevuto inaspettatamente da un paio di fusti non del tutto vuoti restituiti al birrificio dai quali il team chimico riuscì a estrarre parte del Rodenbach originale, l’ultimo tassello che mancava per farlo rinascere o poter così perpetuare di Natale in Natale il mito della Stille Nacht.
Venendo a noi, il contraltare italiano alla Stille Nacht è senza dubbio la Kerst di ExtraOmnes, un'altra birra intergalattica. Se Kerst in fiammingo significa Natale, è fuori di dubbio che il carattere dominante di questa birra sia il tocco magico e italianissimo di un numero 10 dei birrai come Schigi che con l'utilizzo di una sorta di mielone, uno zucchero liquido tratto da un concentrato di mele, riesce a conferire alla Kerst la sua distintiva nota di freschezza che la rende forse la più 'traditrice' fra le birre di Natale.
Ma come detto all’inizio, i nostri ricordi, la nostra malinconia e il nostro affetto più profondo non possono che riversarsi tutti sulla Brighella, chiamata confidenzialmente dagli irriducibili del Tab (quelli per intenderci che hanno il tasto con il loro nome sulla cassa) Hans Peter Briegel, in omaggio all’ arcigno difensore della Germania Ovest, le cui entrate che non facevano differenza fra palla e gambe, ricordano bene le botte alcoliche che ci regala la birra di Natale griffata Lambrate.
Ecco quindi che per noi il 7 Dicembre di ogni anno, il giorno in cui viene spinata la prima Brighella della stagione, segna l’inizio del periodo Natalizio. E ogni volta è una sorpresa perché finché non la si assaggia non si può dire come sia la Brighella, dato che ogni Natale la ricetta subisce piccole modifiche che la rendono allo stesso tempo inconfondibile e mai uguale a se stessa, quasi un dispetto di Giampa e soci, come fosse il tiro mancino di un brighella vero
Ma insomma quando arriva la Brighella?
Quest'anno al Tabernario faremo le cose in grande, presentando ufficialmente la Brighella 2023 insieme ad altre birre di Natale sabato 9 dicembre con un evento speciale in esterna con tante sorprese, perché come si dice:
il Natale quando arriva, arriva. Cioè, arriva quando arriva la Brighella…